Nel calcio le chiacchiere le porta via il vento. Fortuna e sfortuna si annullano, i se e i ma non contano. Restano i fatti, come quelli che ci ricorda il patron Lo Monaco, con il botteghino che piange e gli imprenditori e commercianti che fanno spallucce se gli chiedi di dare una mano al Messina. Gli stessi che poi ti tappezzano la città di cartelloni pubblicitari o ti insozzano le strade con brochure o volantini di ogni tipo. Le grandi aziende chiudono, le piccole medie imprese preferiscono investire nella pubblicità fine a sè stessa, senza fidelizzarla al “prodotto” calcio che non tira più in città come una volta. O meglio, la piazza resta pigra se non la fai accendere. Un’equazione semplice. Tu vinci e la gente sale sul carro. Giochi bene, fai divertire e la gente s’innamora. Al di la della categoria, degli avversari. Basta ricordare gli 11mila del “San Filippo”, in Serie D contro il Cosenza, oppure gli 8mila contro il Sorrento (nella foto) con una squadra che farebbe la sua buona figura anche quest’anno. Gente come Ferreira, Squillace, D’Aiello, Maiorano, Guerriera che molti tifosi rimpiangono, con tutto il rispetto dei nuovi arrivati e delle scelte societarie. Questo per dire che nel calcio, purtroppo, non conta più quello che hai fatto, ma ciò che di nuovo offri. E qui il meccanismo si è inceppato. Perchè se è vero che Lo Monaco aveva chiesto alla piazza una risposta importante con gli abbonamenti per allestire una squadra ambiziosa, di fatto questa strategia non ha funzionato. Perchè, di solito, nel calcio funziona al contrario. Tu allestisci una signora squadra, esci allo scoperto dichiarando di voler lottare almeno per i play off e il gioco è fatto. Alla gente viene l’acquolina in bocca, spuntano i titoloni sui giornali e nel web, l’ambiente si gasa ed ecco la reazione a catena che produce anche più abbonamenti e l’inevitabile interesse anche da parte degli sponsor.
Certo, l’attuale proprietà non aveva il capitale necessario (per carità, non è una colpa) per costruire da sola il bel giocattolo, affidandosi quindi alla “fede” giallorossa dei messinesi. Invece, a parte lo zoccolo duro, la risposta è stata tiepida. In pochi, in pratica, hanno comprato a scatola chiusa. E la società, dopo i sacrifici fatti nei due anni precedenti, si è sentita tradita. Così addio ai sogni di gloria ed ecco ridimensionato il progetto. Ma è un po’ la storia del gatto che si morde la coda. Ora, a completare questo quadro, c’è anche il “nuovo” Grassadonia che preferisce prima non buscarle (dopo le due imbarcate casalinghe con Matera e Casertana), con un modulo che non lo fa impazzire e che non diverte proprio nessuno. La squadra si salverà, ma ha perso coraggio, segna col contagocce (terzo peggior attacco) ed è lontana anni luce dal Grassadonia-pensiero. Ma in tempi di spending-review anche il buon Gianluca si è dovuto adattare.
PIANETA MESSINA
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